Io non so se le anime esistano, e se anche esistessero non saprei dire a cosa appartengano o cosa le leghi.
So che si perdono, si mischiano.
Ci si dimentica da dove si è partiti e non si trova più il filo conduttore.
Chi siamo diviene ciò che facciamo, che pensiamo, chi frequentiamo.
Dove sono io? Dove è il noi?
Così perso guardo verso il mare, e comincio a sentire la brezza marina sul mio viso. Quell’odore di salsedine e quella sensazione di umido che ci rammenta di una vita passata.
All’inizio è poco più di una sensazione, un percepire. Poco a poco riesco a mettere a fuoco, e tra i monotoni rintocchi delle onde comincio a distinguere una lingua a me nota:
“Ricorda che al tempo la virtù non s’insegna,
poiché è il tempo a comandarci le membra.
Ricorda che spesso si finisce per dare
gli istanti di ciò che temiamo di avere.
Ricorda che il mondo spesso non cura
i figli dell’anima con dovuta premura.
Ricorda che spesso più dell’astro mentale
è il caldo tuo cuore il tuo lume natale.
Ricorda che il ricordo non serba rancore
ma che il viver, oggi, con forza maggiore
racconta ai tuoi figli il dolore che è stato
e dei tempi del tempo che il destino ha creato.”
Così ricordo, e capisco, mentre silenzioso cammino via.