Notte,
guardo nello scuro la rugiada
schiarita da tiepidi raggi di luna.
Un gatto, che trepido per strada,
vagheggia in quell’umida duna.
Smarrito ripenso al mio passato:
codardo è il nome che mi scelgo.
Se credo che ciò che è stato è stato
infame è l’animo che tengo.
Concedo che al mondo il mal s’appiglia;
concedo il mio animo dannato
e quello che in fondo mi assomiglia
è un dardo mesto e avvelenato.
Eppur mi stupisco in ogni sera
Dell’umida maldestra mia sciagura
Che intende far di me la mia paura.
E questo, tutto il resto, rasserena.